Gentile ministro Brunetta,
non ho alcuna simpatia per il governo del quale Lei fa parte ma questo non mi proibisce di scriverLe per cercare un chiarimento circa le iniziative che La stanno rendendo tanto popolare. Da sempre gli italiani hanno visto i dipendenti pubblici come una categoria di scansafatiche protetta e tutelata da contratti inattaccabili, dirigenze conniventi e sindacati potenti. In quest'ottica, un ministro che promette tempi bui per le mele marce che godono di uno stipendio erogato dallo Stato ottiene il plauso di tutti, anche se le sue iniziative non sono proprio chiarissime. Almeno per me che ho bisogno di un po' di tempo per capire. Abbia pazienza, sono uno statale anch'io.
Dal giorno del suo insediamento Lei ha promesso, tra le altre cose:
- licenziamenti in tronco per i dipendenti "fannulloni" o assenteisti
- verifiche fiscali a tappeto per i lavoratori malati
- decurtazioni di stipendio per i primi dieci giorni di malattia
- limitazione ad una sola ora quotidiana di libera uscita nei giorni in cui si è in malattia, oltretutto tra le 13 e le 14, quando cioè la maggior parte dei negozi sono chiusi e quindi chi vive da solo non ha neanche la possibilità di comprarsi qualcosa da mangiare.
La maggior parte di queste misure sono in realtà già previste da leggi preesistenti ma, evidentemente, non sono abbastanza applicate.
La notizia di oggi è che ci saranno quattrocento milioni di euro in meno per i rinnovi contrattuali e gli adeguamenti retributivi del personale delle amministrazioni statali per il prossimo triennio. Lo prevede il maxiemendamento alla manovra economica presentato dal governo e sul quale nel primo voto previsto lunedì alla Camera verrà posta la questione di fiducia. Lei ci tiene a chiarire che in realtà non c'è nessun taglio e che le risorse previste per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego saranno stanziati nella Finanziaria, ma vedersi portar via soldi oggi in cambio di una promessa di restituzione domani qualche inquietudine la desta, anche perché questi provvedimenti non arrivano da un governo filo-lavoratore dipendente, pubblico o privato che esso sia.
Tutti questi provvedimenti non rappresentano sicuramente un accanimento verso i dipendenti pubblici, ma mi perdonerà se ho l'impressione che lo sembrano davvero. Infatti finora le Sue iniziative sono state di tipo unidirezionale, ossia punire, reprimere, controllare. Sacrosanto, non lo nego, per ottenere una disciplina ferrea. Sono il primo a pretendere da me stesso e dai miei colleghi il massimo impegno sul lavoro. Ma per evitare che i malpensanti come me ci ricamino sopra dovrebbe, per lo meno, intervallare il bastone con la carota.
Non so se i dipendenti pubblici italiani siano i più fannulloni d'Europa, sicuramente sono tra i peggio pagati. Una volta la grande attrice Bette Davis rispose grosso modo così ad un produttore che lamentava un suo scarso impegno sul set cinematografico: "Se mi paghi con le noccioline è ovvio che io reciti come una scimmia." Gli infermieri, gli insegnanti, gli impiegati, i poliziotti italiani guadagnano almeno il 50% in meno dei loro colleghi francesi, olandesi, inglesi. Da noi i contratti di lavoro si rinnovano con ritardi mostruosi e le contrattazioni sindacali sono sempre montagne che partoriscono topolini. Come se non bastasse quest'anno il maxiemendamento alla manovra economica conferma lo slittamento di un anno per la maturazione biennale o della classe dello stipendio per magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, diplomatici, professori e ricercatori universitari, dirigenti delle forze dell'ordine e ufficiali delle forze armate. Non solo. Dal 2010 è prevista anche la riduzione delle spese per il personale della sanità pubblica. Insomma questi ignobili privilegiati statali nostrani devono lavorare di più e guadagnare di meno. Con queste prospettive non so che efficacia abbiano le Sue promesse di gratificare i dipendenti più efficienti con fondi extra che non si sa secondo quali principi dovranno essere erogati.
Non si dovrebbe fare, non è elegante, ma mi permetto di fare un esempio personale. Sono un infermiere. Perdoni l'immodestia ma mi considero anche un ottimo infermiere. Per svolgere la mia professione ho dovuto conseguire una laurea in scienze infermieristiche e successivamente ho dovuto superare un pubblico concorso. Ho avuto esperienze lavorative in giro per l'Italia ed oggi mi onoro di essere un anello della luccicante catena della sanità lombarda. Svolgo la mia professione, di estrema responsabilità e delicatezza, in un reparto psichiatrico. Dall'immancabile empatia verso i casi più delicati fino allo stress nel trattare pazienti che possono essere anche aggressivi e pericolosi, ad ogni fine turno a casa non si porta solo una stanchezza fisica ma anche una vera e propria spossatezza psicologica. E pensi che non ci è corrisposta neanche un'indennità di rischio. Grazie alla mia laurea, alla mia esperienza ed alle responsabilità che ho, ogni mese percepisco uno stipendio che raramente supera i 1500 euro. Sono un privilegiato ad avere uno stipendio fisso ma spesso penso, da livoroso quale sono, che ci sono persone che hanno lavori che comportano molte meno responsabilità e che sono molto più redditizi. Non mi sorprende che ogni anno sempre meno giovani decidano di accedere ai corsi universitari per diventare infermiere.
In questi giorni, oltre ad eseguire il mio lavoro di base, svolgo anche le funzioni di caposala, visto che la caposala titolare è in ferie. Per il surplus di lavoro non percepirò alcun bonus nello stipendio. Non solo. Per coprire i turni lasciati scoperti dai colleghi in ferie ci carichiamo di un numero scandaloso di ore extra, che non ci saranno mai pagate come straordinario ma che andranno in un calderone annuale nel quale, immancabilmente, si disperderanno diluendosi nei mesi successivi, come accade ogni anno. Il pagamento dello straordinario è previsto solo se si è chiamati a coprire eventuali malattie di colleghi, straordinario che non è mai pagato al 100%, al massimo è pagato al 30% ed il residuo va nel calderone di cui sopra.
Non solo. Dal momento che le nostre sole risorse spesso non bastano a coprire carenze croniche di personale, spesso siamo affiancati da colleghi che fanno parte di cooperative indipendenti. L'infermiere di cooperativa, pur avendo gli stessi titoli e la stessa preparazione di base, e pur guadagnando da libero professionista qual'è molto più di noi dipendenti statali, spesso ha un'utilità limitata durante un turno perché lavora ogni volta in un reparto diverso e, tranne rare eccezioni, non gli è possibile acquisire una reale esperienza sul campo da nessuna parte. Questo vuol dire che le responsabilità dell'infermiere di reparto si moltiplicano per due, dovendo ogni volta coprire anche l'inefficacia di un affiancamento incongruo, anche se molto ben prezzolato.
Quindi caro ministro, se può, ogni tanto si metta nei panni di quest'infermiere della ricca sanità lombarda che svolge la sua professione con abnegazione, spesso è costretto a lavorare per due (in questi giorni per tre), si vede portar via continuamente i suoi giorni di riposo da turni extra che non sono neanche pagati in straordinario, che si vede in questo modo azzerare la vita privata e sociale, che guadagna molto meno dei suoi colleghi europei, si vede promettere abbassamenti di stipendio negli anni a venire e, come se non bastasse, legge tutti i giorni sui giornali che bisogna continuare coi giri di vite sui dipendenti pubblici.
Comprenda tutti i motivi per i quali Lei, mi scusi, non può essermi simpatico.
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