domenica 8 marzo 2009

Gli infermieri della psichiatria


I medici in generale, e gli psichiatri in particolare, scelgono la branca della medicina che vogliono percorrere nella loro carriera.
Gli infermieri no. Nel campo della psichiatria ci capitano, spesso per caso, qualche volta per scelta.
In svariati anni di professione in questo campo raramente ho conosciuto colleghi infermieri che abbiano deliberatamente scelto di lavorare a contatto coi malati mentali. Quando si inizia il ciclo di studi universitari si immagina la propria futura professione come un mondo fatto di tubi endotracheali, cateteri vescicali, defibrillatori da testare, ferite da pulire, ferri chirurgici da preparare. Un ambito in cui i rapporti umani siano prevalenti rispetto all'espressione più alta della tecnica infermieristica sembra quasi una resa, un accontentarsi. Come essere infermieri a metà.
Quando invece si casca dentro l'ambito psichiatrico ci si rende conto che tutti possiamo imparare, più o meno bene, a praticare una rianimazione cardiopolmonare, ma nel riuscire a convincere una persona, col solo uso della parola, a deporre una lametta con la quale si vuol tagliare le vene, non sono capaci tutti, e non tutti sono interessati a riuscirci.
Per questo i reparti di psichiatria sono tra quelli nei quali c'è il maggior turn-over di operatori paramedici: chi riesce a farsi le ossa ed entra nell'ordine di idee che l'assistenza emotiva ha lo stesso valore, se non maggiore, di quella strettamente tecnico-manuale, ci resta per la vita. Gli altri prima o poi lasciano.
Io ci sono dentro da dieci anni, ne ho di cose da raccontare.
(8/3/2009)

1 commento:

Marisa ha detto...

La cosa ti fa onore. Complimenti!