martedì 20 febbraio 2007

Da Giacomo Leopardi a Claudio Baglioni


Alla fine degli anni Settanta più di un giornalista accostò il poeta romantico Leopardi al giovanissimo cantautore Baglioni. In quel caso si trattava banalmente di una sorta di pigrizia mentale molto diffusa tra la categoria. Baglioni aveva realizzato "Sabato Pomeriggio", un intero disco sul tema dell'attesa e della speranza, ed il paragone col "Sabato Del Villaggio" del poeta recanatese fu fin troppo facile. Personalmente mi sono divertito a trovare altri punti di contatto con Leopardi, elementi che vanno oltre alle ripetute partecipazioni di Claudio al Premio Musicale Città Di Recanati, per il quale ha fatto parte anche del comitato di garanzia. Innanzitutto l'universalità delle tematiche trattate e la purezza del linguaggio adoperato per immortalarle, linguaggio che non è quasi mai artificio verbale ma reale corrispondenza di "amorosi sensi". Una comune cura dell'uso della lingua, che è continuamente limata per essere semplice ma colta, elaborata ma non artefatta. Basti pensare, un esempio su mille, al comune uso dell'aggettivo "peregrina", parola che sembra casuale ma che invece è accuratamente scelta e cercata da entrambi. Leopardi è ancora oggi letto con passione da tutte le generazioni non solo perchè poeta leggibile senza dover ricorrere alle note a piè di pagina ma anche perchè ha saputo trattare i temi relativi all'amore, alla solitudine, alla disperazione, alla voglia d'infinito, con un linguaggio semplice ed allo stesso tempo estremamente raffinato, perfetto al punto da apparire ancora attuale, di una freschezza immortale. Molto c'è in comune tra "il vecchierell bianco, infermo" ed "i vecchi sulle panchine dei giardini", tra Silvia che era "lieta e pensosa" e la ragazza che "dietro i vetri guarda fuori", tra il canto notturno di un pastore errante dell'Asia ed il dialogo disperato tra "Il Sole E La Luna". Non a caso Leopardi è il poeta maggiormente ricercato in Internet e non a caso i quindicenni di oggi si emozionano ascoltando "Questo Piccolo Grande Amore" esattamente come facevano quelli del 1972. Provate ad ascoltare un disco di Venditti, De Gregori, Dalla, De Andrè e chiunque altro vogliate della stessa epoca, ahimè anche del mio amato Fossati: vi apparirà irrimediabilmente datato nella forma e nei contenuti. Riascoltate "Gira Che Ti Rigira Amore Bello" o il già citato primo grande successo di Baglioni: troverete una freschezza inimitabile che può essere paragonata solo alle cose più ispirate di Battisti, con la differenza che quest'ultimo necessitava dei versi di Mogol per portare alla luce il proprio mondo interiore. Quindi considero Baglioni leopardiano per quanto attiene all'universalità dei temi ed all'assoluta incapacità di adoperare un linguaggio che invecchi.
Inoltre Leopardi fu un uomo che viveva intensamente la politica del suo tempo e le liriche ispirate ai conflitti politici che attraversavano la penisola nella sua epoca lo testimoniano. Più spettatore che attore, ma in ogni caso testimone. Infatti Giacomo non scavalcò mai "quella siepe" dell'ermo colle per farsi protagonista dell'agone politico. Restò affacciato al balcone della sua Recanati, al massimo azzardò viaggi di piacere a Napoli col suo compagno di vita Ranieri, non andò mai "oltre". In questo Baglioni invece gli è stato superiore. Non si è limitato ad osservare e descrivere le realtà più scomode ma sta mettendo un impegno concreto e reale in questioni dolorose come il dramma dell'immigrazione, richiamando continuamente l'attenzione non sullo straniero che arriva a cercar lavoro ma al singolo dramma di ogni singola persona disperata costretta a lasciare la propria terra per sopravvivere. Lampedusa sta diventando così, grazie a Claudio, non solo porta d'occidente ma anche ponte di scambio tra culture e realtà diverse, un abbraccio ideale tra il nord ed il sud del mondo.
La discussione sui paralleli tra Baglioni e scrittori è stimolante. Personalmente trovo riduttivo ancorare un artista multisfaccettato come Baglioni ad un solo autore. Del resto se tutte le musiche del mondo derivano dalle stesse sette note allo stesso modo tutti i versi derivano dallo stesso gruppo di lettere dell'alfabeto. Tutto deriva da una combinazione infinita di segni finiti ed appare logico che un artista possa trarre ispirazione da chi c'è stato prima di lui, adattando e filtrando quei segni con la propria sensibilità ed il proprio vissuto.
Per la semplicità con la quale Baglioni ha saputo tratteggiare le vicissitudini amorose negli anni Settanta può essere paragonato a Jacques Prevert. Immagino che lo stesso Claudio leggesse molto Prevert all'epoca perchè ho trovato echi del poeta francese in molte sue canzoni. Un esempio su tutti: l'alcoolonnello di "Strip-Tease" è un neologismo creato da Prevert per una sua poesia.
Baglioni si è ispirato anche ad Edgar Lee Masters ed al suo capolavoro "Antologia Di Spoon River". Claudio infatti ha citato spesso i versi relativi all'epitaffio del violinista Jones vivendoli come una sorta di condanna: quando la gente scopre che sai suonare ti tocca suonare per tutta la vita.
Il paragone con Dante se lo è autoconcesso: nel suo lungo viaggio tra Inferno, Purgatorio e Paradiso il sommo poeta fiorentino scelse Virgilio come sua guida spirituale ("guida di quei poeti che un giorno si smarrirono"), Claudio nel suo viaggio dentro se stesso e la sua vita ("Oltre") usa come unica guida Cucaio, il se stesso bambino.
Nelle canzoni meno recenti, e mi riferisco a quelle contenute nei suoi primi quattro album (soprattutto nel primo e mezzo), oltre ad ispirarsi a De Andrè, come Claudio stesso ha ammesso, è evidente che sia stato influenzato dagli scrittori della Beat Generation, Kerouac in testa. "Io, Una Ragazza E La Gente" o il lungo viaggio di "Gira Che Ti Rigira Amore Bello" sembrerebbero proprio capitoli di una sorta di "On The Road" nostrana, mentre in altri brani ho trovato riferimenti allo zio dei poeti americani moderni Walt Withman (per capirci, l'immortale autore dei versi "O capitano, mio capitano..." citata nel bellissimo film di Peter Weir "L'Attimo Fuggente").
Il Baglioni più ironico e disincantato, quello di "Mia Libertà", "Ed Apri Quella Porta", "Viva L'Inghilterra" fino a "Dov'è Dov'è", "V.O.T." e "Serenata In Sol" è senz'altro figlio degno di autori come Ennio Flaiano, mentre i suoi giochi di parole (pensate solo alle infinite allitterazioni di "Le Donne Sono" o al "mi togli l'ukulele dal mio pianoforte...") rimandano direttamente ad Achille Campanile (il papà della storica battuta: anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano) se non addirittura a Groucho Marx, vero funambolo della parola.
Tutto questo per cercare di dire che per quanto si possano trovare riferimenti letterari tra Baglioni e molteplici autori classici e moderni, non lo si può ingabbiare in nessun genere o stile, nè tantomeno può essere il Leopardi, il Montale, il Pascoli o chiunque altro della musica italiana. Del resto se la stampa non sa dove collocarlo esattamente all'interno della canzone d'autore, perchè mai dovremmo per forza vincolarlo ad un altro autore? La grandezza di Baglioni è proprio questa: è Baglioni e basta. Talmente svincolato, e per questo "originale", da correnti o scuole cantautorali da rappresentare egli stesso esempio e punto di riferimento per le nuove generazioni di autori e musicisti.
(20/02/2007)

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