sabato 22 novembre 2008

Le mani di Berlusconi sulla Rai

Da Le Monde del 21 novembre 2008

La televisione pubblica italiana dà una falsa immagine della realtà? A questa domanda, Silvio Berlusconi ha già risposto di sì. Egli le rimprovera, in questi tempi di crisi, di “diffondere l’angoscia e il pessimismo” mentre “dovrebbe cooperare al fine di migliorare le cose”. “Farò il possibile perché le televisioni non siano fattori di ansietà”, ha spiegato qualche giorno fa.

Anche Marcello dell’Utri, suo amico e cofondatore di Forza Italia, si è permesso di commentare: “In televisione vedo conduttori dalle facce un po’ gotiche, un po’ cupe. Il direttore dovrebbe dar maggior prova di esprit de finesse”. “La Rai non è proprietà di Berlusconi”, ha replicato il sindacato dei giornalisti della televisione pubblica.

Ma sono soprattutto i programmi di approfondimento e di satira politica –numerosissimi in Italia- ad infastidire il presidente del Consiglio. “Ogni giorno, su tutti i canali, vengo dileggiato. Un’abitudine che s’è fatta insopportabile e che deve cessare”, ha osservato Berlusconi. “Non andremo mai più in televisione a farci insultare”, ha detto ai suoi ministri. Un diktat poco rispettato. A cominciare da lui.

Martedì 18 novembre. Mentre la trasmissione di dibattito politico “Ballarò” su Rai 3 volgeva al termine, il presidente del Consiglio si è autoinvitato intervenendo telefonicamente per sfidare uno dei suoi avversari, Antonio Di Pietro, presidente dell’Italia dei valori (IDV), che precedentemente l’aveva accusato di essere “un corruttore politico”: “Che vada dai magistrati a denunciarmi, altrimenti sarò io a trascinarlo in tribunale per calunnia”.

Intrusione? L’ennesima. Nel passato Berlusconi è già intervenuto a più riprese, all’improvviso, in trasmissioni alle quali non era invitato. Pressione politica? Si tratta anche di un modo, per lui che possiede un impero televisivo (Mediaset), di mostrare che la Rai è come se fosse casa sua.

Tali segnali di nervosismo giungono nel momento in cui Berlusconi deve fronteggiare la contestazione di piazza ed una grave crisi economica. Anche se la sua popolarità si mantiene attorno al 60%, il presidente del Consiglio ha perso qualche punto al momento delle manifestazioni studentesche di inizio novembre contro la riforma dell’istruzione del ministro Mariastella Gelmini.

“CAMPO DI BATTAGLIA”

Lo inquieta, inoltre, la prospettiva di una lunga crisi accompagnata dal rischio di un ritorno dell’antipolitica. Essere il bersaglio di imitatori e fantasisti non è il modo migliore per poter divenire un giorno –questo il suo sogno- presidente della Repubblica, una delle cariche più rispettate della Penisola. Ciò spiega la nuova offensiva contro la televisione pubblica e il tentativo di controllare come vengano rappresentati la sua immagine e il suo operato. “La televisione torna a farsi campo di battaglia della politica”, scrive il politologo Ilvo Diamanti sul quotidiano La Repubblica.

Per il momento non si tratta che di pressioni e minacce. Nel passato Berlusconi ha dimostrato di sapersi spingere ancora più in là. Nel 2002 aveva chiesto –e ottenuto- la testa di due giornalisti, tra i quali il rinomato Enzo Biagi.

Alcune intercettazioni telefoniche hanno rivelato che tra il 2001 e il 2006 dei collaboratori di Mediaset erano stati piazzati ai vertici della Rai per pilotare la linea dei programmi della televisione pubblica. Obiettivo: orientare l’informazione in favore di Berlusconi.

Gli attacchi contro il servizio pubblico giungono in un momento di grande incertezza sulla scelta del futuro presidente della commissione parlamentare di sorveglianza della Rai, un posto che tocca all’opposizione e che aprirà la strada ai futuri cambiamenti nella direzione dei canali.

E’ dal mese di luglio che i partiti di sinistra ancora non hanno trovato l’accordo su un nome. Berlusconi ha acconsentito a che i membri di destra della commissione designassero un candidato di sinistra che non aveva l’avallo del suo campo. Il presidente del Consiglio, non contento di seminare zizzania nell’opposizione, si è, ovviamente, astenuto dall’intervenire in questa vicenda.

Philippe Ridet, Le Monde, 21.11.2008

(traduzione di Daniele Sensi)


4 commenti:

marina ha detto...

giornale serio le Monde!
Ma per scaramanzia io vieterei di accostare le parole berlusconi e presidenza della repubblica!
marina

Daniele Verzetti, il Rockpoeta ha detto...

Beh ottima fotografia della realtà fatta da Le Monde.

Anna ha detto...

Comprerà anche Le Monde, oppure metterà qualche suo uomo ai vertici della redazione e il problemino sarà risolto. Finalmente inizieranno anche lì a cooperare al fine di migliorare le cose. Ovviamente lui si asterrà dall'intervenire nella vicenda.

NoirPink - Modello PANDEMONIUM ha detto...

Ma il vero nome del giornale è: "Le monde communiste". E i suoi giornalisti sono dei babbei che scrivono articoli in base ai pizzini del PD (tanto nel PD li sanno fare bene i pizzini...). Silvio, salvaci tu!